Cronaca del sequestro del canile di Cremona operato dai NAS
Fonte: stampa cremonese
La Provincia
Giovedì 16 dicembre 2010
L’inchiesta sul canile
Verso la richiesta di rinvio a giudizio per sei Il pm contesta maltrattamenti e uccisione di animali esercizio abusivo della professione e abuso d’ufficio
«Cani uccisi senza motivo»
Indagine chiusa per ex vertici dell’associazione, volontari e veterinari
di Francesca Morandi
Il pm Cinzia Piccioni ha chiuso le indagini sulle uccisioni di animali al Rifugio del cane dove, per l’accusa, i cani sarebbero stati soppressi con il Pentothal senza che avessero
malattie tali da giustificare la loro eliminazione e «dopo aver subito un traumatico contenimento fisico». Un cane potrebbe essere morto «per choc» prima dell’iniezione letale. Sono
sei gli indagati, per i quali si va verso la richiesta di rinvio a giudizio. A Maurizio Guerrini, ex presidente dell’Associazione zoofili cremonesi che gestiva il canile comunale,
il pm contesta i maltrattamenti di animali. All’ex vice presidente Cheti Nin, in concorso con le volontarie Elena Caccialanza e Laura Grazia Gaiardi, e con la veterinaria dell’Asl,
Michela Butturini, la procura ha ritenuto sussistente, allo stato, l’ipotesi di reato di uccisione di animali reiterata nel tempo senza che vi fosse alcuna giustificazione e al di fuori
dei casi tassativamente previsti dalla legge, ma anche l’esercizio abusivo della professione veterinaria. Al veterinario Aldo Vezzoni si contesta l’abuso di ufficio per prescrizione di
farmaci in quantità superiore. Nel marzo di un anno fa, i carabinieri del Nas sequestrarono il canile. Da alcuni mesi stavano indagando sulle presunte uccisioni di animali, dopo aver
raccolto le testimonianze di chi, volontari e dipendenti, nella struttura di via Vecchio Casello ci aveva lavorato. Gli inquirenti trovarono 32 carcasse nella cella frigorifero.
Determinanti, nell’ottica della procura, le conclusioni «choc» del dottor Rosario Fico, perito incaricato dal gip Clementina Forleo di eseguire le autopsie sulle carcasse. Responsabile
dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana, sezione di Grosseto — centro di referenza nazionale per la medicina forense veterinaria — Fico ha concluso che
«dei 25 cani esaminati, almeno 12 sono morti per l’inoculazione di tiopentale (Pentothal). Dei gatti esaminati, due su sette hanno subito anch’essi la somministrazione di tiopentale.
Il tiopentale non è un farmaco registrato come eutanasico e pertanto, averlo usato a tale scopo non è legittimo». Ancora: «Nei cani a cui risulta essere stato somministrato il
tiopentale, non sono risultate essere in atto, al momento della morte, patologie tali da giustificare la loro soppressione. Pertanto i cani sono stati soppressi in violazione della
normativa vigente sia per quanto riguarda la mancanza dei requisiti di legge che per il farmaco utilizzato». Fico ha considerato «degno di nota» il caso di un cane che la proprietaria
adottò nel marzo del 2002, smarrito, perché fuggito, nel 2008. «Il cane ha uno stato nutrizionale non solo ottimale, ma addirittura grasso, il che presuppone che l’animale sia stato
nutrito in maniera più che sufficiente sino a poco prima di essere soppresso». Nella perizia si racconta di sette cani soppressi col tiopentale, che «presentano lesioni e
traumi sottocutanei localizzati alle estremità distali di tutti e quattro gli arti e in altre parti del corpo (collo e testa), compatibili con un tentativo di forzato contenimento
fisico, effettuato forse tramite corde o cappi, appena prima dell’iniezione letale. L’immobilizzazione fisica è stata violenta tanto da causare ecchimosi, ematomi e suffusioni
emorragiche su gran parte della superficie sottocutanea degli animali appena prima di morire». C’è dell’altro: «Dai registri del canile risulta che un cane è stato soppresso
‘perché non andava d’accordo con gli altri cani’, motivazione che non sembra rientrare fra quelle previste dalla legislazione». Inoltre «cinque cani sono morti in conseguenza dello
shock determinato da profonde ferite da morso inferte da parte di altri cinque cani; di quattro cani e di quattro gatti non è stato possibile determinare con certezza la causa di morte,
ma solo il meccanismo della morte. La ricerca di eventuali patogeni è risultata negativa o ha evidenziato patogeni non necessariamente letali». Ci sono poi quattro cani soppressi
con il tiopentale, «ma dai registri del canile risultano ‘deceduto’, ‘trovato morto’, ‘trovato deceduto per collasso cardiocircolatorio’ e per ‘parvo’ ossia parvovirosi». Secondo Fico,
«è evidente che è stato dichiarato il falso sulla reale causa di morte dei cani», ma il perito non esclude che sia stato commesso «qualche errore di trascrizione».
LE DIFESE
L’avvocato Gualazzini: «Il veterinario Vezzoni? Casa sua è l’arca di Noé»
Non se lo immagina a prescrivere farmaci per uccidere animali senza motivo, perché «Vezzoni ha una casa di Noé». Così, l’avvocato Cesare Gualazzini, per il quale il veterinario Vezzoni
«non ha mai avuto la qualifica di pubblico ufficiale in relazione al canile. Abbiamo documenti che dimostrano il contrario. Si è sempre prestato a fare, nei confronti del canile,
volontariato zoofilo. Non esiste alcun documento da cui risulti la qualifica di pubblico ufficiale e soprattutto, non ha mai firmato alcunché. Solo con l’indagine ha scoperto di avere
avuto questo ruolo» «Non abbiano ricevuto alcuna notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, quindi non conosciamo il capo di imputazione e allo stato non si è in
grado di formulare alcun commento», hanno dichiarato gli avvocati Marco Soldi ed Ennio Buffoli, difensori di Guerrini e Nin.
La Cronaca
Giovedì 16 dicembre 2010
Si profila la richiesta di rinvio a giudizio
Maltrattamenti e abusi al canile Chiusa l'inchiesta, sei indagati
I reati contestati vanno dal maltrattamento all'uccisione di animali, dall'esercizio abusivo della professione
veterinaria all'abuso in atti d'ufficio
Sono ufficialmente chiuse le indagini sulle uccisioni e sui maltrattamenti che si sarebbero verificati al
canile comunale di via Casello. La Procura della Repubblica di Cremona ha indagato sei eprsone con le ipotesi di
reato di maltrattamenti, uccisioni si animali reiterate nel tempo e senza giustificazione alcune e al di fuori
dei casi tassativamente previsti dalla legge, esercizio abusivo della professione veterinaria e abuso di atti di ufficio.
Al centro dell'inchiesta figurano i due ex responsabili dell'Associazione Zoofili cremonesi, Maurizio Guerrini
e Cheti Nin, la veterinaria Michela Butturini, due volontarie, Laura Gaiardi ed Elena Caccialanza, e il
veterinario Aldo Vezzoni. In particolare, per Maurizio Guerrini il pm Cinzia Piccioni ha ipotizzato il reato
di maltrattamenti, mentre per il veterinario Aldo vezzoni l'abuso in atti di ufficio. Gli altri risultano indagati
per uccisioni di animali e per esercizio abusivo della professione veterinaria. Guerrini e la Nin sono
assistiti dagli avvocati Marco Soldi, del foro di cremona, ed Ennio Buffoli, di Brescia, la Butturini dall'avvocato
Alessandro Nolli, e le due volontarie dall'avvocato Stefania Amato di brescia. Il veterinario Aldo Vezzoni, invece,
è difeso dall'avvocato Cesare Gualazzini. Secondo l'accusa, avrebbe firmato ricette di quantitativi sproporzionati
di farmaci utilizzati per l'eutanasia di animali ormai in fin di vita che sarebbero stati iniettati su
animali perfettamente sani. Il professionista, indicato come medico di riferimento dell'Associazione Zoofili
nella gestione del canile, avrebbe fornito parte del grosso quantitativo dei farmaci senza poi verificarne
l'utilizzo. Sulla posizione del veterinario, l'avvocato Gualazzini ha già annunciato battaglia. "Per essere
accusati di abuso d'ufficio", ha spiegato, "è necessario avere la qualifica di pubblico ufficiale. E Vezzoni
no ha mai avuto questo ruolo in relazione al canile". "Il mio assistito", ha continuato il legale, "si è
sempre prestato solo e solamente per svolgere opera di volontariato. Ha dato una mano gratuitamente, non era
certo un pubblico ufficiale. Vezzoni, infatti, non ha mai firmato alcun documento". Tutta la vicenda del
canile ha preso avvio da un esposto del giugno del 2007 presentato dalla Lega nazionale per la difesa del cane
dopo la morte di un cane abbandonato, entrato in ottime condizioni di salute ed uscito nel giro di poco
tempo in un sacco nero. In sostanza, nel canile di Cremona si sarebbero verificati abbattimenti di animali
non necessari, o comunque al di fuori delle prescrizioni di legge. Così facendo, in una struttura gravata
da un eccessivo nuemro di cani e gatti, si sarebbe liberato spazio per poter accogliere altri animali e per
poter così incassare la quota, tra i 200 e i 300 euro, che i comuni devono versare. L'Associazione Zoofili cremonesi,
che ora è presieduta da Federica Aroldi, è legata al Comune per via di una convenzione decennale e svolge il
servizio per conto dell'Asl di Cremona. Tra l'Asl e l'amministrazione municipale c'è poi un'altra convenzione
triennale che regola il rapporto. L'Associazione Zoofili riceve circa 20mila euro l'anno per lo smaltimento
delle carcasse. Secondo i dati in possesso della procura, nel 2006 il canile comunale aveva mandato all'inceneritore
7.300 chili di carcasse, mentre nel 2007, 6.000 chili in sei mesi. In base alle denunce depositate in Procura,
inoltre, gli animali uccisi sarebbero stati smaltiti attraverso altri canili, oltre a quello ufficiale della
ditta specializzata di Castelverde. I documenti prodotti testimoniano un orrore reso ancora più evidente
dalla fredda, burocratica, elencazione dei kg di carcasse di cani smaltiti, quasi che la struttura fosse
un centro di smaltimento e non di ricovero. Al momento del sequestro del canile, i carabinieri del Nas avevano
trovato nelle celle frigorifere le carcasse di 32 animali e negli armadietti dosi eccessive di Pentothal Sodium
e Tanax. Contemporaneamente, la Procura aveva confermato il sequestro del conto corrente, 535.000 euro depositati
in una banca della città, un saldo ritenuto dagli investigatori "molto alto per un'associazione
con fini di lucro". Nell'ordinanza di convalida del sequestro del canile di Cremona, lo stesso gip Clementina
Forleo aveva parlato di un "quadro indiziario grave ed allarmante" e di una "palese gravità dei fatti
evidentemente legati a fini di lucro".
Sara Pizzorni
32 carcasse nelle celle frigorifere
"Animali uccisi senza alcuna necessità"
E' quanto sostiene la perizia del dottor Rosario Fico, l'esperto incaricato di eseguire le autopsie
Somministrazione di Pentothal Sodium senza alcuna necessità, crudeltà, violenze e torture sugli animali, falsità
sui certificati di morte. Di questo ed altro parla la perizia del dottor Rosario Fico, dell'Istituto Zooprofilattico
di Grosseto, l'esperto incaricato dal giudice Clementina Forleo di eseguire l'autopsia sulle 32 carcasse
di cani e gatti sequestrate il 3 marzo dello scorso anno dai carabinieri del Nas dalle celle frigorifere del canile
di Cremona. In udienza, il responsabile dell'Unità specialistica di medicina forense veterinaria aveva
illustrato al giudice Pierpaolo Beluzzi le cause della morte di ciascuno dei 32 animali esaminati (25 cani e 7 gatti),
tutti ospiti della struttura comunale di via Casello. 12 cani su 25, secondo i risultati della perizia, sono
stati uccisi con il farmaco anestetico Pentothal Sodium senza che vi fosse necessità". Lo stesso medicinale,
usato nell'induzione dell'anestesia generale, è stato somministrato, sempre senza motivo, anche su 2 dei 7 gatti
che il perito ha esaminato. I 12 cani e i 2 gatti uccisi, in sostanza, non erano affetti da patologie tali
da giustificare la loro soppressione. "Alcuni animali soppressi con il Pentothal", è scritto nella perizia,
"presentano lesioni e traumi sottocutanei localizzati alle estremità di tutti e quattro gli arti, compatibili
con il tentativo di legarli nel forzato contenimento fisico, pare con l'uso di corde o cappi appena prima
dell'iniezione letale". "L'immobilizzazione fisica", scrive Fico, "è stata violenta, tanto da causare ecchimosi,
ematomi ed emorragie in gran parte della superficie degli animali appena prima della loro morte". Un cane,
addirittura, è morto in seguito alla "conseguenza di un tentativo di contenimento fisico effettuato con
violenza". "In questo caso", secondo l'esperto, "probabilmente l'animale è morto per lo choc prima che
gli venisse praticata l'iniezione latale". 5 cani, invece, sono morti "in conseguenza dello choc
determinato da profonde ferite inferte da altri cani". Tra questi, anche un cucciolo morto sbranato. Di
episodi di aggressioni tra animali avevano parlato anche le volontarie, che a suo tempo, sentite in sede
di indagine, avevano raccontato raccapriccianti episodi di animali di piccola taglia, anche cuccioli, sbranati
da altri di grosse dimensioni dopo essere stati messi insieme nei recinti. "Altri cani", è scritto nella
relazione, "sono morti nel tentativo di divincolarsi dai lacci, rimanendone vittime". Non solo: nella
perizia si parla anche di certificati di morte che raccontano di animali deceduti "in stato comatoso in seguito
ad ictus". Una causa, questa, smentita dall'autopsia di fico, nella quale "l'esame necroscopico
non ha evidenziato alcuna lesione al cervello". "E' quindi evidente", conclude l'esperto, "che è stato
dichiarato il falso sulle cause di morte di alcuni animali". s.p.
Tentata violenza e minacce
Indagata anche l'attuale presidente dell'associazione zoofili Federica Aroldi
Il pm Cinzia Piccioni ha chiuso le indagini anche nei confronti di Federica Aroldi, attuale presidente
dell'Associazione Zoofili cremonesi, indagata per tentata violenza privata e minacce nei confronti dei tre
dipendenti licenziati nel settembre dello scorso anno e dei tre volontari allontanati. A detta degli ex
dipendenti, che nel frattempo hanno avviato una causa di lavoro contro l'Associazione Zoodili, la Aroldi
li avrebbe presi di mira per aver intrattenuto rapposri con la Lega nazionale per la difesa del cane.
"La situazione è drammatica", aveva raccontato una delle ex dipendenti, "in quanto noi, dipendenti anziani
che abbiamo collaborato con la giustizia, ci siamo sentiti minacciati da intimidazioni dirette ed indirette.
Abbiamo vissuto una situazione di profondo disagio, in quanto le persone indagate gestiscono ancora di fatto la struttura.
Ci hanno accusato di aver collaborato con la giustizia e di aver segnalato a Rosetta Facciolo, rappresentante
della lega nazionale per la difesa del cane, che all'interno del rifugio gli animali non erano adeguatamente
seguiti. Nella contestazione ci è stata attribuita una condotta gravemente incompatibile con i nostri doveri
di dipendenti e di aver posto in essere gravi violazioni al segreto d'ufficio e ai doveri di diligenza e di
obbligo di fedeltà del dipendente". Per la Aroldi ha sempre parlato il suo legale, l'avvocato Michele
Tolomini: "non c'è assolutamente alcuna ritorsione, si tratta semplicemente della condotta di un datore di
lavoro che non può soprassedere a determinate condotte dei dipendenti, condotte che noi abbiamo documentato
e che riteniamo incompatibili con la prosecuzione del rapporto di lavoro". Per quanto riguarda invece gli
episodi di cattiva gestione che sono stati denunciati. Il legale ha tenuto a sottolineare che al contrario
il canile è controllato da persone competenti. "C'è il Comune, che è il custode giudiziale, l'Asl, il
garante, il dottor Emilio Olzi, e gli stessi carabinieri del Nas". "Il lavoro fatto finora, pur tra tante
difficoltà", ha concluso Tolomini, "è molto importante. Dopo quanto accaduto, si sta cercando di migliorare
le cose e di tornare ad una situazione di normalità. Sicuramente ora ci si sta impegnando al massimo". s.p.
CremonaOnline: Canile, verso la richiesta di rinvio a giudizio, gio 16 dicembre 2010
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