Cronaca del sequestro del canile di Cremona operato dai NAS
Fonte: stampa cremonese
La Provincia
venerdì 29 giugno 2012
L'inchiesta sul canile
Danno morale: otto associazioni e due imprenditori che sostenevano il Rifugio raccogliendo
fondi con collette nella loro azienda ammessi ieri nel procedimento a carico
degli ex vertici del Rifugio
Richiesta di risarcimento Gli animalisti parte civile
di Francesca Morandi
Ci sono le otto principali associazioni animaliste. Ma anche due imprenditori, titolari
di un'azienda che in occasione del Natale facevano una colletta tra i 40
dipendenti e dirottavano il denaro al Rifugio ddel cane per acquistare
scatolette di cibo e beni di prima necessità e per curare gli animali.
Le une e gli altri da ieri sono ufficialmente entrati come parte civile
nel procedimento sulle presunte uccisioni "per crudeltà e senza necessità"
di cani e di gatti ospitati nel Rifugio di via Casello. Qui, per il pm Fabio
Saponara, dal 2005 al 3 marzo del 2009, giorno del blitz dei carabinieri del Nas,
sarebbero stati eliminati circa trecento animali all'anno, stima in difetto
per la procura. Cani e gatti, ma anche intere cucciolate, uccisi con il
Tanax, farmaco eutanasico, o con il Pentothal Sodium. All'udienza
preliminare del 6 luglio prossimo, il gup Letizia Platè deciderà
se rinviare a giudizio Maurizio Guerrini e Cheti Nin, ex presidente e vice presidente
dell'Associazione Zoofili Cremonesi che ha in gestione il canile, le
volontarie Laura Grazia Gaiardi ed Elena Caccialanza e i veterinari Aldo Vezzoni
e Michela Butturini. Le associazioni animaliste che chiedono i danni
sono l'Enpa, l'Organizzazione internazionale protezione animali (Opia),
l'Associazione protezione animali natura ambiente (Anpana), la Lega
nazionale per la difesa del cane, sede di Cremona e sede nazionale, la Leal,
la Lav e la Heart. Ma da ieri, anche due imprenditori sono parte
civile attraverso l'avvocato Alessandro Zontini. E chiedono il risarcimento
dei danni in particolare a Guerrini e Cheti Nin, accusati inoltre di malversazione
a danno dello Stato e di appropriazione indebita aggravata. Non avrebbero
destinato, in parte, i contributi pubblici ricevuti ogni anno dal Comune
per gestire il canile. Inoltre, abusando della relazione di prestazione
d'opera, si sarebbero appropriati delle offerte ricevute dai privati, "nonché
dalle somme loro versate, come da informale tariffario, per le eutanasie eseguite
per conto di terzi". Durante le festività natalizie, dal 2005 in poi,
nell'azienda c'era la tradizione di raccogliere, tra i quaranta dipendenti,
cospicue offerte in denaro, girate poi al Rifugio del cane perchè l'associazion
acquistasse cibo e altri beni di prima necessità per gli animali. Il denaro
serviva anche per le cure e l'assistenza veterinaria. Inoltre, la titolare
"contribuiva personalmente e generosamente con interventi ed offerte di
denaro in proprio, anche in altri periodi dell'anno", ha spiegato Zontini.
Attraverso le offerte, per anni l'imprenditrice "ha creduto
di contribuire alla gestione del Rifugio del cane, poi ha scoperto sia
dalla stampa locale che da quella nazionale, che tali donazioni sono state,
con ogni probabilità, indebitamente appropriate". Per Zontini, è
"pacifico" il danno riportato dagli imprenditori, da ieri parte civile per
ottenere il risarcimento dei danni "patrimoniali, non patrimoniali diretti
e indiretti". Risarcimento che chiedono anche alla veterinaria dell'Asl
Michela Butturini accusata di abuso d'ufficio. Per la procura, "violando
le norme relative ai compiti di controllo derivanti dal suo ruolo di
veterinario pubblico ufficiale", Butturini avrebbe omesso di segnalare
le gravi irregolarità riscontrate nel canile: "dal sovraffollamento dei box,
causa degli sbranamenti tra gli animali, all'identificazione dei cani
microchippati solo al momento degli affidi, all'indebito ed illecito
ricorso alle uccisioni di animali al di fuori dei casi previsti dalla
normativa". Omissioni che avrebbero procurato a Cheti Non "l'ingiusto
vantaggio patrimoniale della gestione del canile".
I VETERINARI
Gualazzini: 'Vezzoni non è referente dell'Asl'
Nei mesi dell'indagine choc sul canile, l'avvocato Cesare Gualazzini l'ha detto
e ripetuto più volte: "Il dottor Vezzoni non è il veterinario referente
dell'Asl, non c'è scritto da nessuna parte". Ieri Aldo Vezzoni, veterinario
imputato come la collega Michela Butturini di abuso d'ufficio, lo ha
confermato al gup Letizia Platé attraverso una dichiarazione spontanea.
Ha fatto verbalizzare di non aver mai saputo di essere stato designato
come responsabile e che non c'è alcuna documentazione che possa attestarlo.
Vezzoni avrebbe indicato la responsabile nella "dottoressa". Nel
procedimento, Vezzoni è accusato di abuso d'ufficio perché "in qualità
di veterinario responsabile sanitario della struttura, con lo specifico
dovere di controllare le scorte dei medicinali come da autorizzazione
sanitaria del 27 giugno 1992, al fine di procurare a Cheti Nin l'ingiusto
vantaggio patrimoniale della gestione del canile", dal 2005 al 2009 avrebbe
prescritto "in quantità rilevanti" Tanax e Pentothal Sodium senza accertarne
il legittimo utilizzo e le modalità di custodia. Vezzoni avrebbe spiegato
che quelle ricette erano uscite dal suo studio, ma di non averle
firmate lui.
L'EX PRESIDENTE
Guerrini "Soldi spesi per lavori"
Agli ex vertici dell'Associazione Zoofili Cremonesi, Guerrini e Nin,
la procura chiede contro dell'utilizzo dei contributi del Comune
e delle offerte dei privati. Perché "dall'analisi della esigua documentazione
contabile disponibile", risulta che nel 2006 "non trovano giustificazion
prelievi in cotnanti per 10.035,70 e vi è una differenza di 49.290,01
euro tra l'importo indicato nel consuntivo dell'associazione per lavori
di manutenzione e quanto effettivamente erogato per tali lavori". Nel 2007,
nel mirino ci sono prelievi per 9.800 euro, nel 2008 per 2.800 euro.
Nel 2004 risultano emessi a favore di Guerrini assegni per 18mila euro
transitati sul conto dell'associazione. Difeso dagli avvocati Marco Soldi
ed Ennio Buffoli, ieri Guerrini con una dichiarazione spontanea ha spiegato
che per il canile vennero spesi 85mila euro per ristrutturazioni e
ha prodotto le ricevute delle imprese che eseguirono i lavori.
Ricevute, non fatture, perché le imprese non le hanno emesse. E ha detto
che dal 2006 non partecipava più attivamente
alla vita del canile, delegando la sua vice. Lui firmava gli assegni,
poi compilati dalla volontaria Gaiardi.
LA VICENDA
Dal blitz dei Nas nel marzo 2009 alla perizia choc 'Cani uccisi con
crudeltà e senza motivi': 5 imputati
E' il 3 marzo del 2009, quando i carabineiri del Nas fanno un blitz
nel Rifugio del cane. E', questo, il primo atto ufficiale dell'indagine
choc sulle presunte uccisioni degli animali 'senza necessità e con
crudeltà'. Nelle celle frigorifere, gli inquirenti trovano 32 carcasse
sequestrate e successivamente consegnate al veterinario Rosario Fico,
responsabile della sezione di Grosseto dell'Istituto Zooprofilattico
sperimentale delle Regioni Lazio e Toscana, centro di referenza
nazionale per la medicina forense veterinaria. Fico è il perito
nominato dal gip Clementina Forleo per eseguire l'autopsia
sulle carcasse (disposta in fase di indagini con l'incidente
probatorio). Ha accertato che dodici cani e due gatti sono stati
uccisi con "inoculazione tiopentale senza motivo e senza che gli
animali manifestassero patologie tali da giustificare la loro soppressione".
E' una perizia choc: "Cani immobilizzati con violenza, con corde, lacci
e cappi, poi uccisi senza motivo con il Pentothal, analgesico non
registrato in Italia come eutanasico, ma al Rifugio usato come tale".
E dunque "in modo ilelgittimo", cani traumatizzati "dal contenimento
così violento" forse morti "per choc" prima dell'iniezione letale.
Ancora, cani che "nel tentativo di divincolarsi, sono rimasti vittime
degli stessi lacci" ancor prima che dall'iniezione. La perizia rivela altri
particolari choc, come la storia di cinque cani, tra cui un cucciolo,
morti per sbranamento.
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