UNA Cremona - I NAS sequestrano il canile di Cremona - marzo 2009

Cronaca del sequestro del canile di Cremona operato dai NAS
Fonte: stampa cremonese


La Provincia
mercoledì 26 marzo 2014

Il caso Rifugio. Ieri udienza del processo agli ex vertici dell'associazione che gestisce la struttura
"I cuccioli sparivano subito"
In aula la testimonianza di una ex dipendente del canile "Sovraffollamenti, sbranamenti e strane scomparse"

di Francesca Morandi
"Le cucciolate? Non sopravvivevano se non mezza giornata, sparivano da un giorno all'altro. Se ho notato problemi di sovraffollamento? Sì, mi ricordo i cani portati dal canile di Urbino: un carico di un centinaio e non c'era posto per tutti. Episoni di sbranamento? Sì, li ricordo. Scomparse di cani? Sì, le ricordo, scomparse molto strane, alla mattina i cani c'erano, il giorno dopo non c'erano più. Ci dicevano che i proprietari erano tornati a prenderli o che i cani erano stati adottati, ma io lavoravao fino alle sette e mezza di sera. Dubito che i proprietari venissero a prenderli alle undici di sera. E alle undici di sera venivano fatte le adozioni? Microcip? I cani venivano microchippati nel momento in cui venivano dati in adozione". Sono i ricordi e i dubbi di Maria Grazia Cassinelli, dall'agosto del 2006 al settembre del 2009 dipendente del Rifugio del cane che il Comune aveva dato in gestione all'Associazione Zoofili Cremonesi (lo gestisce tuttora). A cinque anni dal suo licenziamento, "perché dicevano che raccontavo quanto accadeva nel canile a Rosetta Facciolo (la pasionaria della Lega per la difesa del cane, sezione di Cremona, che con la sua denuncia ha sollevato un polverone di polemiche, ndr)", l'ex dipendente Cassinelli ieri ha testimoniato al processo sui presunti maltrattamenti e uccisioni "per crudeltà" e "senza necessità" di cani e intere cucciolate, soppressi con punture di Pentothal Sodium e Tanax: dal 2005 al 3 marzo del 2009, giorno del sequestro del canile, furono uccisi trecento animali all'anno, secondo una stima in difetto della procura. Sotto accusa ci sono Maurizio Guerrini e Cheti Nin, gli ex presidente e vice dell'Associazione Zoofili Cremonesi, e le volontarie Laura Gaiardi ed Elena Caccialanza. Sul banco degli imputati anche Michela Butturini, veterinaria dell'Asl, accusata di abuso d'ufficio: avrebbe procurato a Cheti Nin "l'ingiusto vantaggio patrimoniale della gestione del canile, non segnalando le gravi irregolarità riscontrate nella struttura di via Casello: 'sovraffollamento, sbranamenti, indebito e illecito ricordo alle uccisioni di animali al di fuori dei cani previsti dalla normativa'. Per gli ex vertici c'è poi l'accusa di malversazione ai danni dello Stato e appropriazione indebita in relazione alla destinazione sia dei contributi ricevuti annualmente dal Comune per la gestione del canile sia delle offerte dei privati. Nin e le volontarie sono inoltre accusate di esercizio abusivo della professione veterinaria. Capitolo 'smaltimento delle carcasse'. Al Nas, l'ex dipendente aveva raccontato che vi era un tariffario: i padroni dovevano versare 30 euro per i cani di piccola taglia, 60 per quelli di taglia media e 90 per quelli di taglia grande. Ieri ha detto che "in tre anni i privati hanno portato dieci cani" e che "a parte i privati, nessuno ha mai portato cani morti", riferendosi agli accalappiacani: "Li portavano vivi". Ai privati veniva rilasciata una ricevuta intestata all'associazione. "Il libretto delle ricevute era sul tavolo nel canile, chiunque lo prendeva, poteva mettere la firma e prendere i soldi", ma "io non ero l'addetta esclusiva, dipendeva da chi c'era di turno e i soldi che mi davano i privati, io li consegnavo o alla Nin o alla Gaiardi o alla Caccialanza". 'Sterilizzazioni'. "All'interno del canile non le eseguiva nessuno. I cani venivano portati al dottor Vezzoni e, dopo il sequestro, al dottor Bravi. Qualche volta anche alla Butturini". 'Sbranamenti'. Cassinelli ha ricordato un episodio choc. Quello di "un cane a cui avevano staccato i testicoli, c'era sangue dappertutto, la Nin lo portò in infermeria, arrivò la Butturini che lo portò via, lo curò e dopo quindici giorni lo riportò al canile guarito".

La fine di Matisse "In osservazione, è stato ucciso"
Il padrone di un Labrador: 'Lo portammo con la cuccia e i giochini'
Di qua imputati, difensori e avvocati delle numerose associazioni animaliste che si sono costituite parte civile. Di là, nel ring deputato ad ospitare il pubblico, i familiari di qualche accusato e alcune rappresentanti di associazioni animaliste. Rumors in aula. Il processo sui presunti maltrattamenti e uccisioni al Rifugio del cane che si sta celebrando davanti al presidente Pio Massa e ai giudici Andrea Milesi e Francesco Sora, riprenderà il 15 aprile, quando saranno sentiti sette testimoni: Salvatore Dangelo (testimone del pm Fabio Saponara), padrone di un cane per l'accusa soppresso da Cheti Nin; il titolare della ditta 'Torchio Giuseppe' presso la quale si acquistavano i medicinali veterinari (teste della parte civile Lega per la difesa del cane) e cinque testimoni della difesa Nin: due operatori ecologici che riferiranno in merito allo smaltimento delle carcasse, Cinzia Vuoto, funzionaria del Comune, Pier Luigi Sforza, vice comandante della polizia locale e un carabiniere del Nas di Milano. Intanto ieri in aula si è tornati a parlare di Matisse, un cucciolo di Labrador preso al canile da Paola Bertani e da suo marito Federico, bancario. Nel 2008 Matisse aggredì un cane e i proprietari lo portarono al Rifugio perché fosse tenuto sotto osservazione, "Ho però chiarito - aveva già detto Bertani al processo - che per qualsiasi decisione avrebbero dovuto chiamarci". Ieri il marito ha fatto verbalizzare: "Abbiamo portato Matisse al canile con la sua cuccia e i suoi giochini, era un martedì; il mercoledì mattina sono andato in banca e ho incontrato il veterinario del paese (Federica Mainardi, ndr). Le ho raccontato del caso. Lei mi ha chiesto dove avevo portato Matisse. 'Al canile'. Lei mi ha detto che al canile si praticava l'eutanasia". Stessa affermazione aveva già fatto al processo la moglie. Quel pomeriggio i coniugi tornarono al canile: Matisse non c'era più. "Cheti Nin ci ha detto che alle nove della sera precedente con la Butturini aveva valutato e poi decido che Matisse andava soppresso, anche perché 'ci guardava male'. Gli hanno fatto una punturina ed è morto". L'uomo ha aggiunto che sul certificato di morte vi era scritto che Matisse era morto per "cause naturali". Più precisa sua moglie: "C'era scritto che il cane era morto per soffocamento nel tentativo di scavalcare la recinzione". (f.mo.)

Torna all'indice delle notizie sul sequestro del canile