UNA Cremona - I NAS sequestrano il canile di Cremona - marzo 2009

Cronaca del sequestro del canile di Cremona operato dai NAS
Fonte: stampa cremonese


La Provincia
mercoledì 22 ottobre 2014

Il processo. La difesa di Cheti Nin
«Non ho mai ucciso i cani Volevo il loro benessere»

di Francesca Morandi
L’hanno accusata di aver ucciso senza motivo i cani, addirittura intere cucciolate. Per arma, i farmaci Tanax e Pentothal Sodium. «Mi avete visto? Sono alta un metro e 52 senza tacchi e peso 44 chili. Non ho la forza fisica per sopprimere molossi o cani di grosse dimensioni. Al canile non c’erano cuccioli, perché le femmine venivano sterilizzate e se ci si accorgeva che erano già gravide, si praticava l’aborto terapeutico». L’hanno accusata di aver ucciso Matisse, un labrador portato al canile da una coppia. «Si è impiccato da solo tentando di saltare il recinto, io non l’ho mai visto quel cane». L’hanno accusata degli sbranamenti nei box sovraffollati. «Sono sette anni che sto zitta, umiliata. Adesso parlo io». Parla, ed è un fiume in piena, Cheti Nin, dal 1976 al 2004 volontaria, poi vicepresidente dell’Associazione Zoofili Cremonesi che gestisce il Rifugio comunale, carica lasciata cinque anni fa, quando tra le mani le esplose «lo scandalo canile». Quando il 3 marzo del 2009 i carabinieri del Nas entrarono prima nella struttura di via Vecchio Casello e sequestrarono Tanax e Pentothal e carcasse trovate nelle celle frigorifero («C’erano cani che venivano portati da fuori morti, il Comune inoltre aveva la convenzione con 40 Comuni), e poi in casa sua dove sequestrarono altre confezioni di quei farmaci. Aula penale, 11.15 di ieri. Per trentacinque minuti Cheti Nin risponde alle domande del suo difensore Ennio Buffoli, che al presidente Pio Massa e ai giudici Andrea Milesi e Francesco Sora, depositerà una corposa memoria difensiva completa di tabelle e articoli di stampa. E ribatte alle domande di Fabio Saponara, il pm che ha ereditato il fascicolo (il 13 gennaio prossimo la requisitoria). Una indagine nata dalla denuncia bis presentata al Nas da Rosetta Facciolo, rappresentante della sezione locale della Lega per la difesa del cane (parte civile), «conosciuta trent’anni prima, mai stata amica», perché «scelte di vita, frequentazioni, valori morali non ci avrebbero mai permesso di incontrarci sul piano dell’amicizia». Un’indagine nata anche dalla denuncia del «signor D’Angelo che non ho mai visto, come lui stesso ha confermato al processo». Nemiche, Nin e Facciolo, già dal 13 giugno 2007, giorno della prima denuncia finita in niente: fascicolo archiviato, ma «nei quattro mesi in cui ha fatto la volontaria fino ai primi di luglio del 2007, la Facciolo ha creato disagio, tutti erano disorientati. Li ha fomentati contro di me. Ha cominciato a insinuarsi al canile. Al personale diceva che a settembre avrebbe gestito lei il canile. Mi ha fatto una campagna stampa contro. Il 5 luglio 2007 ci fu la prima verifica del Nas: esito positivo. Il 5 luglio 2008 la seconda: nessuna irregolarità. Dopo il sequestro del 2009, la Facciolo ha manovrato di nuovo per prendersi il canile». Per l’ex numero due, è questo l’obiettivo delle accuse. Insegnante di lettere in pensione, crocerossina con il grado di sottotenente, alla ‘mai amica’ Facciolo (in aula), Cheti Nin rispedisce le accuse: «Non ho mai effettuato eutanasie, di siringhe ne giravano, sì, ma siccome non è così facile somministrare antibiotici in pastiglie, si fa come con i bambini: i prodotti per bocca si somministravano con le siringhe. Solo la veterinaria Butturini ha effettuato eutanasie, solo lei aveva le chiavi dell’armadietto dove erano custoditi i farmaci eutanasici. Quelli trovati a casa mia? Erano scaduti». Ancora, «per me non c’era sovraffollamento. Tra cani grandi e piccoli, mediamente ce n’erano 350/380, prima del marzo del 2009 non ci è mai stato contestato il sovraffollamento». Non ci sta, Cheti Nin, a passare per una Crudelia De Mon, perché «quella era la casa dei cani, il benessere primo era quello dei cani». E all’accusa di averli nutriti con «pane raffermo», lei ribatte: «Pasta Barilla, petti di pollo, tutto macinato. Riso soffiato e pane,ci sono tutte le fatture». Benessere significava anche «una struttura decente, che prima non c’era». Nin spiega di averci messo soldi di tasca sua: «Dai 47 mila ai 52 mila euro, avendo le possibilità ho voluto box in acciaio» e spiega di non aver mai toccato i 500mila euro depositati sul conto corrente dell ’associazione, perché «tra i 200mila euro da tenere di scorta (il Comune non ci pagava sempre), i 105mila euro per il personale, il Tfr, le utenze, non bisognava intaccare il patrimonio dell’associazione. Questo era il mio punto di vista».


LA VETERINARIA BUTTURINI
‘Trent’anni di professionalità buttati alle ortiche Trascinata qui da accuse infamanti, sono innocente’
Tra le mani ha un foglio. Spiega: «Sono appunti per ricordarmi», perché «sono molto nervosa e voglio seguire un filo logico». Michela Butturini, veterinaria dell’Asl e referente del canile, con i legali Alessandro Nolli e Paola Moglia sceglie l’opzione delle dichiarazioni spontanee e nella premessa respinge subito l’accusa di abuso d’ufficio «al fine di procurare a Cheti Nin l’ingiusto vantaggio patrimoniale della gestione del canile, omettendo di segnalare gravi irregolarità». Mezzogiorno e cinquantacinque minuti: «Dichiaro subito la mia assoluta innocenza per tutto quello di cui sono stata accusata. Sono cinque anni che si dice di tutto e di più di me. Trent’anni di professionalità buttati alle ortiche». In chiusura: «Ho sempre lavorato in tutta coscienza, ci ho sempre rimesso del mio e non accetto di essere stata trascinata qui con delle accuse infamanti». In mezzo, la veterinaria Butturini respinge, una ad una, tutte le contestazioni che le sono state mosse. Capitolo ‘eutanasia’. «Il canile è una specie di discarica. Purtroppo i proprietari dei cani vuoi per ragioni economiche (20-30 euro contro i 150 del veterinario) portavano i cani al Rifugio. Io e gli altri veterinari valutavamo se il cane andava soppresso o no. Molto spesso al momento della soppressione non erano identificati, inoltre il canile era in continuo movimento. Si identificavano dei cani, ma nello stesso tempo ne arrivavano sempre di nuovi. Mi si contesta l’uso del Pentothal per le eutanasie? Nel canile non c’è mai stato un ambulatorio degno di questo nome, perciò i cani incidentati o con problemi li portavo nel mio ambulatorio». Di contestazione in contestazione. «mi si contesta l’abbattimento di tre cani, ma io di questi tre cani non mi ricordo. Non avevo alcun intento di andare a fare l’angelo della morte al canile». Poi, come aveva già fatto Cheti Nin, sferra un attacco a Rosetta Facciolo: «Si è prodigata per giorni a farmi fare la figura dell’imbecille, a farmi passare per la donnetta piagnucolosa succube della Nin. Non è affatto vero». E con la memoria torna al 2007: «L’unico contatto con la Facciolo lo ho avuto quando è venuta da me e mi ha detto ‘Voglio rovinarla (Cheti Nin, ndr), se mi dai una mano, da settembre gestirò io il canile. Se non mi aiuti, ci finirai dentro anche tu. Io le dissi che senza prove non rovinavo nessuno». (f.mo.)


L’EX PRESIDENTE
Guerrini «Mai rubato del denaro»
Dal 1994 al 2004 volontario al canile («andavo una volta a settimana»), poi presidente dell’Associazione Zoofili Cremonesi, nel 2009 Maurizio Guerrini si è dimesso «a seguito dell’inchiesta». L’accusa, mossa anche alla sua ex vice, è di malversazione ai danni dello Stato e di appropriazione indebita («Conti in ordine», aveva già riferito al processo il consulente). Guerrini spiega la storia dei 18mila euro che trasferì dal conto dell’associazione sul proprio conto. «Prima della stipula della convenzione, il Comune pretendeva una sorta di mappatura della nostra disponibilità economica. All’epoca criticai questa impostazione e decisi di trasferire quella somma, che ho poi restituito in due tranche (10mila euro per volta). Ci sono i bonifici». La gestione del canile? «Mai sentito critiche dall’interno, nessuno mi ha mai riferito di uccisioni di animali».


LA VOLONTARIA
‘All’improvviso siamo diventati tutti assassini’
Dall’età di 15 anni e per vent’anni ha fatto la volontaria al canile, di turno il lunedì mattina e la domenica. Elena Caccialanza all’inizio puliva i box e dava la pappa ai cani, poi, con il passare degli anni, ha assunto compiti «più delicati». L’hanno accusata di aver ucciso dei cani, ma lei (difesa dall’avvocato Stefania Amato) quelle accuse «sinceramente» non se le spiega: «Io non ho mai ucciso cani. Fino a ieri andava tutto bene, poi all’improvviso siamo diventati tutti assassini. I malumori c’erano verso la Cheti, i dipendenti con lei hanno avuto anche delle discussioni e anch’io le ho avute, perché la Cheti è fatta a modo suo, non ha un carattere facile, è sempre stata molto pignola e ha sempre preteso uno standard molto elevato. Non pensavo che ci fosse un malumore tale da arrivare a queste accuse». Al canile «che io mi ricordi, non ho mai visto per 20 anni né Tanax né Pentothal». I soli farmaci che la volontaria ha usato, «prescritti dai veterinari», erano «fondamentalmente antibiotici sotto forma di pastiglia o gocce per le orecchie. Mai ucciso cani».

 

 

 

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